Il Salame d’oca di Mortara è un prodotto di salumeria cotto, composto di carni d’oca e suine, tipico della città di Mortara, in provincia di Pavia. All’insaccato è riservata la denominazione IGP (Indicazione Geografica Protetta), ottenuta nel 2004.
Com’è fatto il salame d’oca di Mortara?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è fatto di sola carne anserina. Quest’ultima, nelle sue parti magre, compone l’impasto per circa un terzo. Il resto è carne di maiale, proveniente per metà da parti magre, come coppa o spalla, e metà da parti grasse: pancetta, guanciale o altre. La pasta del salame viene tradizionalmente insaccata nella pelle dell’oca stessa, da cui anche il caratteristico collo, che somiglia a una pera. Viene poi lasciata asciugare per alcuni giorni e infine cotta. Il particolare miscuglio con la carne suina genera un prodotto che al taglio resta piuttosto compatto e omogeneo, mostrando una tipica colorazione in tre tonalità: il rosso più scuro delle carni d’oca, quello più tenue delle carni di maiale e il bianco del grasso. Profumo e sapore sono piuttosto delicati, ma si riconosce una nota dolce, tipica dell’oca.
Il marchio Igp
Il prodotto costituisce il vanto della città di Mortara, essendo l’unico a fregiarsi di una denominazione che ne attesti l’origine.
L’indicazione geografica protetta (Igp) è stata registrata con regolamento (CE) n. 1165 della Commissione del 24 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea L. 224 del 25 giugno 2004. Il ministero delle politiche agricole ha recepito il suddetto regolamento europeo con un provvedimento del 12 luglio 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 luglio seguente. Con questo atto, il salame d’oca di Mortara è stato iscritto nel registro delle Dop e Igp italiane.
È l’unico prodotto a denominazione protetta della Lomellina e, insieme al salame di Varzi Dop, il solo della provincia di Pavia.
Tra il 2016 e il 2017, il marchio è stato addirittura a rischio: per alcuni mesi nessun membro produsse salami Igp e questo avrebbe comportato la perdita della denominazione nel 2018. Fortunatamente il pericolo non si è poi concretizzato.
Di nuovo nel 2018 il riconoscimento di qualità del tipico prodotto mortarese è finito sotto scacco, in quanto uno dei maggiori allevamenti della filiera ha cambiato i mangimi delle oche destinate al consorzio. Pur trattandosi di un’alimentazione a norma di Legge, il disciplinare prevede l’uso di sole granaglie, pertanto le oche non sarebbero state utilizzabili per una produzione Igp. Il nodo è stato sciolto grazie a una deroga che diventerà presto una variazione definitiva del disciplinare di produzione.
Il disciplinare
La concessione dell’Igp ha richiesto naturalmente la redazione di un disciplinare di produzione, allegato al già citato provvedimento ministeriale, che entra nel dettaglio di tutti gli aspetti della produzione e della commercializzazione. I punti principali sono questi:
- le oche possono provenire solo da Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia; negli ultimi 3 mesi di vita vanno alimentate esclusivamente con foraggi verdi e granaglie e al momento della macellazione non devono pesare meno di 4 kg;
- i maiali devono essere nati, allevati e macellati in Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Veneto, Umbria e le loro carni devono essere ottenute nel rispetto dei disciplinari del prosciutto di Parma e/o di San Daniele;
- la lavorazione del prodotto può avvenire non solo a Mortara, ma in tutta la Lomellina, compresa Vigevano;
- la pasta da parti magre dell’oca, parti magre e parti grasse del maiale, ciascuna in una percentuale compresa tra il 30% e il 35%.;
- la pezzatura deve avere un peso compreso fra 0,3 kg e 4 kg;
- l’impasto deve rispettare queste caratteristiche chimico-fisiche: minimo 17% di proteine totali, un rapporto massimo tra grasso e proteine di 1,8, un rapporto massimo tra collagene e proteine di 0,3, un rapporto massimo tra acqua e proteine pari a 3 e un pH non inferiore a 5.
Consorzio di tutela
Storicamente, il salame d’oca di Mortara è tutelato da un sodalizio nato nel 1967 come “Consorzio dei produttori di salame d’oca”. Con l’ottenimento del marchio Igp, la denominazione è cambiata in “Consorzio di tutela del salame d’oca di Mortara” ed è giunto il riconoscimento ufficiale, con cui il ministero ha affidato al consorzio il compito di vigilare sulla corretta applicazione del disciplinare di produzione.
Attualmente i componenti sono sette. Cinque produttori mortaresi: La corte dell’oca, Salumeria Nicolino, Salumeria Guarnaschelli, L’oca di Sant’Albino e Casa Angela, più due vigevanesi: La fattoria e Salumificio Bertoni.
Il presidente è Gioachino Palestro, titolare de La corte dell’oca, succeduto nel 2019 a Franco Tolasi della Salumeria Nicolino.
Non tutti i produttori sono dunque membri del consorzio; curiosamente, non tutti i membri del consorzio possono fregiarsi del marchio Igp per il proprio salame d’oca.
Entrambe le situazioni sono determinate da scelte individuali. In particolare, il marchio Igp viene concesso a patto di sottoporsi a procedure di certificazione e verifica che hanno un costo non indifferente per piccoli artigiani locali.
Qualità nutrizionali
Il nutrizionista Antonio Galatà, durante un incontro pubblico del 17 novembre 2019 a Mortara, ha messo in evidenza come le carni d’oca siano particolarmente magre (10-15% di grassi, paragonabile alla ricotta). La percentuale sale nel caso del salame cotto, essendo prodotto anche con carne di maiale, ma resta ovviamente più bassa che nella maggior parte dei prodotti di solo suino. Nella stessa occasione, l’esperto ha sottolineato che nei prodotti a base di oca si trovano concentrazioni di sale (0,1 %), nitrati e nitriti particolarmente basse, rispetto alla media delle carni lavorate. Essendo questo il fattore principale che pone i salumi tra gli alimenti cancerogeni, Galatà ha osservato come questa sia “una nota nutrizionale non di poco conto”.1Intervento inedito a “Ludovico il Moro e l’oca”, incontro pubblico, Mortara, 17 novembre 2019
La storia
È credenza comune che la prima testimonianza siano i versi del poeta Guido da Cozzo:
Evvi in Mortara in ripa del molino
una locanda che si noma “becco”
che lo palato sazia al contadino
con grasse oche e schietto vino secco
e pur sallama d’oca in mostra trovi
che dar di gola fa chiunque provi
In realtà si tratta di una burla particolarmente ben riuscita, da collocare nel contesto della goliardia da bar che fece da cornice alla nascita della Sagra, a metà degli anni ’60 del XX secolo.
Così come sono ripetuti i riferimenti reperibili in rete a non meglio precisate “cronache locali” di fine 1700.
La prima testimonianza concreta è il diploma ottenuto dal salumiere mortarese Carlo Orlandini alla Esposizione internazionale di economia domestica a Parigi nel 1913. È probabile che si trattasse già di un prodotto simile all’attuale, caratterizzato dalla mescolanza tra carni anserine e suine. Si tramanda che in quello stesso periodo un altro salumiere mortarese, Pietro Pagani, abbia cominciato a modificare la ricetta aggiungendo il maiale.
Di sicuro vi è che si tratta di un alimento di origine ebraica. Nel 1891 Pellegrino Artusi, nel suo celeberrimo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, scrive:
Con la carne d’oca gli ebrei confezionavano anche il loro tradizionale salame (più simile, in verità, a un piccolo prosciutto o culatello) che sino a qualche anno fa si vendeva (e forse è possibile trovarne ancora oggi) in certe cittadine della Lomellina come Vigevano e Mortara.2Artusi P., La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, Einaudi, 2001, p. 470 n. 1
Già nel 1877 troviamo un brano, sul Corriere della Sera, che avvalora questa tesi:
Quando una parola significa un piatto, siate pur certi che dessa diventa una caratteristica del comune eloquio, e assume un’importanza particolare. La diplomazia ha i vol au vent à la reine, gl’israeliti il salame d’oca, … 3Aa. vv., Spigolature Milanesi, Corriere della Sera domenica 02 settembre 1877, pag. 2
A proposito delle tradizioni natalizie di Novara, sempre il Corriere della Sera nel 1884 scrive:
Nella campagna, [predominano] le grosse oche cotte al forno, colle quali si fanno anche ottimi salami. Per aver un salame di oca genuino, quando non è fatto in casa, si ricorre agli ebrei.4Aa. vv., Antiche usanze natalizie di Novara, Corriere della Sera, mercoledì 24 dicembre 1884, pag. 7
In tempi ancora più vicini a noi, il celebre gastronomo Vincenzo Buonassisi, fa questo inciso scrivendo di certi taglierini all’uvetta emiliani:
Una variante appetitosissima è quella di mettere, invece di uvetta e pinoli, dadini di salame d’oca: un salame nato perché gli ebrei non possono mangiare carne di maiale.5V. Buonassisi, La storia imparata mangiando manicaretti, Corriere della Sera sabato 06 gennaio 1968, pag. 11
Questa citazione apre il discorso dell’area geografica in cui è nata la tradizione dei salumi d’oca, che non è certo limitata a Mortara. Oltre al brano già citato, anche nel 1880 troviamo, sempre sul Corriere, questo esempio di menu natalizio: “A Novara, risotto, salame d’oca, tacchino.” 6Aa. vv., A pie’ delle Alpi, Corriere della Sera venerdì 24 dicembre 1880 (supplemento), pag. 2.
Anche a Casale Monferrato si trovano tracce di questa tradizione: Massimo Alberini scrive infatti nel 1974: “Lo confeziona [il salame d’oca], in retrobottega, un pollivendolo di via Mameli, assicurando di adoperare solo oca («A Mortara fanno un’oca e un maiale»).” 7M. Alberini, Il barbera in farmacia, Corriere della Sera venerdì 22 febbraio 1974, pag. 15
Tra l’altro questa testimonianza conferma la peculiarità dell’insaccato mortarese di contenere anche carni suine. Ma la maggior parte delle fonti che abbiamo trovato fa riferimento a Novara. Nel 1963 si legge, a proposito della paniscia:
In questo campo c’è un’altra specialità: il salame d’oca, che si fa con le parti magre dell’oca – un settanta per cento – e pancetta di maiale fresca: il trenta per cento. Inoltre si uniscono, quando si passano i pezzi al tritacarne, sale, pepe e un po’ di vino bianco secco.8Aa. vv., Il risotto Paniscia, Corriere dell’informazione – Terza, venerdì 04 ottobre 1963, pag. 5
Nel 1964 è di nuovo il Buonassisi a ribadire il legame fra la città piemontese e i prodotti dell’oca: “E l’oca è uno dei punti di forza della cucina novarese: c’è il famoso salame d’oca (…)”9V. Buonassisi, Fumano le pentole dei cuochi di Novara, Corriere della sera mercoledì 18 marzo 1964, pag. 8, spingendosi addirittura a formulare una proposta: “E se si puntasse sull’oca? Qui è in grande onore, Novara potrebbe aspirare al titolo di capitale per la gastronomia di questo stupendo volatile.” 10V. Buonassisi, Fumano le pentole dei cuochi di Novara, Corriere della sera mercoledì 18 marzo 1964, pag. 8
Evidentemente, i novaresi non hanno colto il suggerimento, lasciando che fosse invece Mortara ad assurgere a “Città dell’oca”, come dimostra Giovanni Benanti alcuni anni dopo, scrivendo del “paradiso dei golosi”, settore dell’Expo 72 organizzato dall’Unione commercianti della provincia di Milano: “Per il miglior salame d’oca bisogna invece andare a Mortara.”11G. Benanti, Paradiso dei golosi, Corriere dell’informazione – Terza, giovedì 19 ottobre 1972, pag. 7
La Sagra del salame d’oca
Quando scrive Benanti, infatti, si sono già svolte ben sei edizioni della Sagra del salame d’oca. Secondo la testimonianza di Giancarlo Torti, storico direttore dell’Informatore Lomellino, l’idea di una sagra nacque nei primi anni ’60, nel programma di una lista in corsa per le elezioni comunali 12M. B. Rossi, G. Moretti e V. Testa, Una Città e la sua sagra: 50 anni di storia sulle pagine dell’Informatore Lomellino, Mortara, Logica Multimedia, 2016, pagg. 8-9. Assunse però concretezza solo nel 1966, con qualche “chiacchiera da bar” che portò alla prima edizione del 1° ottobre 1967. Non è scopo di questa pagina tracciare l’ultracinquantennale storia di questa fortunatissima manifestazione, che continua ad attirare decine di migliaia di visitatori grazie al richiamo del prodotto e dell’attrazione principale: il Palio.
Riferimenti
↑1 | Intervento inedito a “Ludovico il Moro e l’oca”, incontro pubblico, Mortara, 17 novembre 2019 |
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↑2 | Artusi P., La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, Einaudi, 2001, p. 470 n. 1 |
↑3 | Aa. vv., Spigolature Milanesi, Corriere della Sera domenica 02 settembre 1877, pag. 2 |
↑4 | Aa. vv., Antiche usanze natalizie di Novara, Corriere della Sera, mercoledì 24 dicembre 1884, pag. 7 |
↑5 | V. Buonassisi, La storia imparata mangiando manicaretti, Corriere della Sera sabato 06 gennaio 1968, pag. 11 |
↑6 | Aa. vv., A pie’ delle Alpi, Corriere della Sera venerdì 24 dicembre 1880 (supplemento), pag. 2 |
↑7 | M. Alberini, Il barbera in farmacia, Corriere della Sera venerdì 22 febbraio 1974, pag. 15 |
↑8 | Aa. vv., Il risotto Paniscia, Corriere dell’informazione – Terza, venerdì 04 ottobre 1963, pag. 5 |
↑9, ↑10 | V. Buonassisi, Fumano le pentole dei cuochi di Novara, Corriere della sera mercoledì 18 marzo 1964, pag. 8 |
↑11 | G. Benanti, Paradiso dei golosi, Corriere dell’informazione – Terza, giovedì 19 ottobre 1972, pag. 7 |
↑12 | M. B. Rossi, G. Moretti e V. Testa, Una Città e la sua sagra: 50 anni di storia sulle pagine dell’Informatore Lomellino, Mortara, Logica Multimedia, 2016, pagg. 8-9 |
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